NOTIZIE STORICHE SUI TAPPETI
Tappeti Caucasici: le ragioni della loro “recente” scoperta
Cenni storici sui tappeti caucasici
Storicamente, nel panorama mondiale delle più importanti manifatture di tappeti, il Caucaso venne scoperto dall’Occidente solo di recente, nel corso del XIX secolo.
Questa “scoperta” andrebbe intesa come tale solo dal punto di vista della “catalogazione”, della “attribuzione di specie”.
Questi tappeti, infatti, sono sempre “stati lì”, non è un caso se recentemente, tra gli studiosi, si è aperto un dibattito teso a riconoscere proprio come tappeti caucasici alcuni degli esemplari riprodotti in dipinti del rinascimento.
Si potrebbe dire che gli occidentali di metà ‘800, interessati ai tappeti come oggetti di arredamento, vissero la loro comparsa sul mercato al pari della scoperta di un nuovo continente.
Le ragioni che resero questa scoperta così straordinaria furono due: la remota ed isolata regione del Caucaso era estranea alle comuni rotte commerciali a cui gli occidentali erano abituati, e l’immensa eterogeneità di tipologie di questi tappeti.
Questo non significa che le persone non sapessero dove localizzare il Caucaso, quella regione montuosa compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio, abitata da cristiani armeni e georgiani, e da musulmani azeri affiancati da innumerevoli gruppi tribali. Piuttosto che, fin dai secoli precedenti, quella regione era stata relegata a semplice appendice secondaria di due grandi potenze dell’Est.
Nel XVI e XVII secolo, per il Caucaso, furono combattute guerre tra turchi Ottomani e persiani Safavidi, e fu solo grazie all’abilità politica di eminenti nobili cristiani ed emiri musulmani locali che questa terra mantenne una certa “indipendenza”. Giurando fedeltà ai potenti vicini di casa, si attivarono contemporaneamente per evitare una totale annessione.
Nella lontana Europa, la maggior parte delle persone pensava al Caucaso come ad una parte della Turchia e della Persia, senza comprendere che questa regione avesse delle tradizioni artistiche peculiari.
La svolta
Fu a partire dal XVIII secolo che le cose cambiarono profondamente. La Russia cominciò ad espandersi verso Sud e con la metà del XIX secolo l’intera regione venne inglobata all’interno dei confini dell’impero zarista. Il Caucaso non era più una parte dell’Oriente, ma una parte del più grande impero europeo e forse del mondo.
I tappeti che cominciarono ad affluire in Occidente, via Russia, erano Kuba e Shirvan, dalle città con gli stessi nomi, ubicate vicino al Mar Caspio, e attualmente parte del Nord Est dell’Azerbaijan.
Questi tappeti furono accolti con stupore perché le loro caratteristiche ornamentali ed i motivi grafici eccellentemente annodati si sposavano alla perfezione con i gusti decorativi degli arredamenti europei. A molti europei sembrarono addirittura essere una nuova varietà di tappeti Persiani..
I tappeti Persiani erano già così apprezzati e richiesti che alcuni importatori europei avevano deciso di aprire proprie manifatture con maestranze locali, direttamente nel Nord Ovest della Persia, così da poter meglio interpretare i gusti della clientela occidentale.
Ma i tappeti caucasici avevano storicamente una tradizione di annodatura totalmente diversa e quella tradizione, di cui gli europei ora stavano scoprendo solo la punta dell’iceberg. Comprendeva una enorme varietà di stili, fatto questo ancor più incredibile se messo in relazione alle modeste dimensioni del Caucaso.
Lo stile
Quanto è ampia la varietà di stili caucasici? Moltissimo!
Qui accanto si può osservare un Kazak annodato ad alcune centinaia di chilometri dalle sponde del Mar Caspio in un’area aspra e montuosa, dove oggi si incontrano i confini di Armenia, Georgia e Azerbaijan. Anziché sull’ornamento, l’annodatore ha enfatizzato la geometria e la stilizzazione grafica.
La vistosità e l’accentuata cromaticità dei motivi usati nei Kazak male si sposava con il gusto decorativo europeo tipico del XIX secolo, che trovò, infatti, pochi estimatori di questa incredibile manifattura.
Ma cento anni più tardi, quando il gusto occidentale per il tappeto orientale si spostò, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, da un disegno prettamente decorativo verso motivi astratti, i collezionisti li riscoprirono con enorme passione.
Che cosa origina una così ampia varietà stilistica nei tappeti caucasici?
La risposta è nella incredibile densità della miscela di etnie, culture e religioni della regione.
Paradossalmente, a questo isolamento culturale si affiancò, al contrario, una condivisione della cultura dell’annodatura del tappeto che superò le tradizioni individuali e di clan, diventando così forte che era impossibile sapere con certezza da chi fosse stato realizzato uno specifico tappeto.
Nell’area transcaucasica – l’area ai pendii meridionali della catena montuosa del Caucaso – i gruppi etnici principali sono Azeri, Georgiani, Armeni, Curdi e i Talish di lingua persiana.
Zdenka Klimtova
L’esperta di tappeti caucasici Zdenka Klimtova scrive nel suo libro del 2006 “Caucasian carpets”, che tutte queste popolazioni, nell’‘800 e nei primi del ‘900, erano diffusamente occupate nella produzione di tappeti e tessuti piani (sumak e kilim). Gli Azeri, i Curdi e i Talish annodavano sia per uso personale, sia a fini commerciali.
La Klimtova afferma che: “Si presume che la maggior parte dei tappeti commercialmente prodotti siano stati realizzati nelle case di Azero-Turchi musulmani che costituiscono la maggioranza della popolazione dell’Azerbaïdjan di oggi.”.
All’opposto, sostiene sempre la Klimtova, le donne georgiane ed armene annodavano prevalentemente per uso domestico, con i Georgiani che producevano quasi esclusivamente sumak e kilim.
Nel nord del Caucaso – sui pendii settentrionali delle montagne caucasiche – ci sono ancora più gruppi etnici che nel sud, troppi da poter essere elencati puntualmente.
Fra questi, la popolazione dell’attuale Daghestan era, ed è tutt’ora considerata quella degli annodatori più famosi.
I colori e le astrazioni
Ciò che accomunava i diversi annodatori caucasici era l’amore per i colori brillanti e vistosi e la preferenza per i motivi astratti, ricchi di simbologie arcaiche e tribali.
Il loro uso delle figure astratte per rappresentare piante e animali li distingueva fortemente dalle tradizionali produzioni turche e persiane.
Mentre gli annodatori turchi rappresentavano garofani, tulipani o altri fiori il più possibile definiti affinché potessero essere riconosciuti come le vere piante, le astrazioni sui tappeti caucasici non prevedevano richiami diretti ai fiori specifici ai quali si collegavano. E mentre nei tappeti persiani vi erano rappresentazioni di leoni, cavalli, uccelli completamente riconoscibili, spesso gli animali che appaiono nei tappeti del Caucaso sono forme solamente zoomorfe.
Le astrazioni di animali degli annodatori caucasici sono infatti così frequenti, che forme zoomorfe possono apparire anche su tappeti da preghiera musulmani, una cosa mai vista nelle altre aree islamiche.
I contrasti
Lo stile di annodatura di questa regione montuosa ha ancora altre caratteristiche distintive, per esempio un particolare amore per i forti contrasti.
Richard E. Wright e John T. Wertime lo descrivono bene nel loro libro “Caucasian carpets & covers – the weaving culture” (1995):
“Un’altra notevole qualità è il contrasto, creato in numerosi modi: la contrapposizione di certi colori (per esempio del blu con il giallo), l’uso del bianco (sia come zona di massima luce che di sfondo), gli improvvisi cambi di proporzioni, ovvero sostanziali differenze di misure tra motivi affiancati. Il cuore dell’arte caucasica è il contrasto tra colore e forma, collegato alla brillantezza dei colori.”.
Le origini di questa tradizione artistica si sono perse nel tempo, ma non è difficile immaginare che siano da ricercare nei forti contrasti presenti nella quotidianità della vita tra le montagne: altitudine, luce, natura aspra.
Come Wright e Wertime sottolineano: “Abitanti dei diversi villaggi e nomadi di tutte le origini etniche divisero un mondo comune; annodarono prendendo spunto dalla stessa fonte iconografica e rappresentarono il mondo come loro lo vedevano.”.
Daghestan
I commercianti occidentali del XIX secolo che per primi introdussero i tappeti caucasici nei grandi magazzini di Londra, Parigi e New York, non tentarono di distinguere tra loro le diverse tipologie annodate dalle numerose popolazioni caucasiche.
Diedero semplicemente a tutti i tappeti dell’est Caucaso un nome comune, “Daghestan”, nulla più del nome di una regione dove gli importatori si recavano per acquistare questo tipo particolare di manufatti.
Più dettagliatamente, il punto di raccolta e di smercio dei tappeti caucasici era l’antica città portuale di Derbent, in Daghestan, sul Mar Caspio. Era un centro di raccolta noto per la varietà delle merci provenienti da tutti gli angoli del Caucaso e destinate a percorrere la rotta del nord, direzione San Pietroburgo. Ma i tappeti venduti a Derbent provenivano da una area molto più ampia, che comprendeva la regione di Kuba, all’epoca il più grande centro di annodatura per fini commerciali del Caucaso.
L’abitudine dei commercianti europei di ammassare dozzine di stili differenti, etichettandoli con un unico nome generico, continuò per molti anni ancora.
Genje
Un altro nome generico usato fino agli anni ‘30 del secolo scorso era “Genje”.
Anche in questo caso, si trattava solamente del nome del centro di raccolta e smercio; oggi, nell’Azerbaijan occidentale, è chiamato Ganja.
John Kimberly Mumford, uno studioso di tappeti attivo nei primi anni del XX secolo, descrisse così l’uso di “Genje” come termine generico di attribuzione di specie. “A Costantinopoli, come nel mercato americano, balle eterogenee di tappeti, con misure comprese tra tre e cinque piedi in larghezza, e sei ed otto piedi in lunghezza, vengono commercializzate sotto il nome di Ghenghis, o, come riportato sui documenti di trasporto, “Guendje.” Sono composte da una moltitudine di Shirvan, Karabagh, Mosul e le altre stoffe secondarie della classe caucasica che di solito provengono da Elizavetpol, il vecchio nome Armeno-persiano sostituito da Gandja” (Ralph Kaffel 1998 “Caucasian Prayer Rugs”).
Questa abitudine all’uso di nomi di specie generici continuò per diversi decenni ancora, in quanto gli importatori europei si recavano nella regione caucasica molto di rado, e ancor più raramente avevano contatti diretti con gli annodatori, che spesso operavano in villaggi sperduti.
Prime classificazioni
Con il passare del tempo, i commercianti occidentali divennero comunque più propensi ad utilizzare denominazioni familiari ai commercianti – raccoglitori locali, tali da aiutarli a distingure meglio tra gli innumerevoli stili e provenienze.
I commercianti locali, le cui terminologie furono adottate dai loro colleghi occidentali, erano concentrati a Tiflis (oggi Tbilisi, capitale della Georgia), importante punto di raccolta per quei tappeti caucasici destinati all’Occidente, tramite la rotta che utilizzava i porti russi del Mar Nero.
I rivenditori di Tiflis suddivisero i tappeti dell’area transcaucasica – la loro principale tipologia di tappeti destinati all’export – in tre ampie categorie:
- regione occidentale: Kazak e tappeti di Ganja, con motivi geometrici e sgargianti, lana spessa e vello alto;
- regione orientale: Kuba, Baku e i tappeti di Shirvan con motivi minuti, lana eccellente e vello basso;
- regione Meridionale: Karabagh, Moghan e i tappeti di Talish.
C’era una sorta di criterio logico alla base di questa suddivisione: queste categorie rispecchiavano, infatti, l’ampia e diversa tipologia climatica della regione transcaucasica.
Differenze di manifattura all’interno della regione
Nella parte occidentale, con il suo clima aspro, erano apprezzati tappeti spessi, dal vello alto, utile ad isolarsi dalla terra fredda. L’annodatura, di conseguenza, consentiva solo motivi geometrici e lineari.
Nella parte orientale, dal clima più mite, in particolare lungo il Mar Caspio, il tappeto era più decorativo. Gli annodatori infatti potevano usare un filato più sottile, che permetteva una densità di nodi più alta e disegni più intricati e nitidi.
A questo criterio di classificazione si unì l’influenza che le vicine culture avevano nei secoli prodotto sulle tradizioni decorative.
Le annodature realizzate a sud-ovest, con la loro eco di forte geometria, rispecchiavano distintamente modelli geometrici di tappeti ottomani realizzati nella vicina Anatolia, a cavallo tra il XV e il XVI secolo.
Al contrario, le manifatture del nord-est, con i loro motivi ornamentali così particolareggiati, mostrano l’influenza di Tabriz, la grande capitale dell’annodatura persiana dell’area turco-azera nord-occidentale.
La stessa influenza stilistica può essere riscontrata nelle annodature meridionali di Karabagh. Là, dove i tappeti furono annodati dagli Armeni, dagli Azeri e dai Curdi, i disegni sono più riccamente ornati, frequentemente troviamo motivi floreali, e sono più decorativi che nelle altre parti del Caucaso.
L’auspicio per una migliore classificazione
Ma se la terminologia utilizzata dai commercianti di Tiflis ha fornito un valido aiuto per identificare le grandi famiglie – e anche numerose sottotipologie – dei tappeti caucasici, è altrettanto vero che molto resta ancora da fare. Non è difficile, infatti, poter osservare tappeti caucasici riconducibili ad una di queste tipologie, ma che per la contemporanea presenza di altri dettagli potrebbero essere anche riconducibili a ulteriori classificazioni.
L’abitudine, infatti, di denominare le varie categorie con i soli nomi del luogo di annodatura non spiega chi, come e quando quel tappeto è stato annodato. Ordinare organicamente questi dettagli è compito dei ricercatori e degli studiosi, benché si tratti di un compito assai complesso.
Questa ricerca è stata avviata in Europa solo a partire dal XX secolo, nel momento in cui si è iniziato a scoprire questi affascinanti manufatti e a comprenderne la loro incredibile unicità, in competizione con la Russia, che da terza potenza dell’area transcaucasica, è l’unica ad aver avviato uno studio sistemico ed approfondito.
E’ interessante constatare, infine, come l’occupazione del Caucaso da parte della Russia imperiale e la successiva esistenza sotto l’Unione Sovietica non abbia pressoché esercitato alcuna influenza sulla cultura del tappeto della regione. Anzi possiamo dire che l’abbia condotta praticamente all’estinzione.
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